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Reportage Give Us Barabba + The Moor – 28 Marzo 2014 at Mattorosso (TV)

“Allora, apriamo il nostro solito dibattito, chi vuol parlare? Lei Filini? Calboni? …” Qualcuno si ricorderà questo epico dialogo che poi sfocerà nell’altrettanto epica affermazione del ragionier Ugo.
Questo inizio sta ad avvalorare una mia tesi che oramai ho ripetuto molte volte ma che qui calza ancora di più a pennello. Chi si muove per andarsi a vedere un concerto di questi tempi? Una miriade dirà qualcuno… aumentiamo lo zoom sui concerti di bands locali… già lì la risposta cambia o meglio subisce una mutazione…e tutto si riduce a cover band o musica propria… e qui il dibattito dell’inizio non finirebbe mai… l’unico epilogo di questi tempi è il vedere pienoni nei locali dove si esibiscono tributi a musicisti più o meno discutibili…
Molte volte ho trovato occasioni di litigio su queste problematiche sentendomi dire “sulle cover/tributi vai sul sicuro perché si conoscono le canzoni e non si rischiano fregature”. Mi chiedo cosa ci sia di gratificante nel copiare, nell’essere solo dei cloni senza un anima propria. Dire che basare il proprio animo di musicista sul copiare equivale ad essere offensivi ed avere un idea malata.
Beh stasera diciamo che il pubblico non era proprio assente ma onestamente mi sarebbe piaciuto che ci fossero stati più curiosi che solo gli appassionati di sonorità alternative. Ancora il pubblico non capisce che se non ci diamo una svegliata rischiamo di trovarci davvero nella situazione imbarazzante di non avere più cose nuove…una volta c’era il desiderio della scoperta… ora c’è la volontà del nulla…
Fortunatamente non la pensiamo tutti così…
Appena finito di lavorare parto all’istante per godermi una serata che si dimostrerà decisamente potente.
Arrivo al locale, ceno con calma facendo quattro chiacchiere con alcuni conoscenti. Ed ecco che si comincia:

Attaccano i The Moor […]

E ora segue un altra band a me personalmente sconosciuta che risponde al nome di Give Us Barabba. Di band folli ultimamente ne ho scoperte diverse (di recente notai i Phobic Pleasure) e oggi tocca a loro. Stravaganti e a loro modo geniali che amano viaggiare per vie traverse, che prediligono le strade meno battute rischiando di non ottenere nulla e infischiandosene se lo scotto da pagare sarà l’anonimato perché l’importante è provarci consci del fatto di non aver ceduto a compromessi per il successo. Anche per loro l’ironia è fondamentale in ogni cosa che si tratti di suonare o intrattenere il pubblico nelle pause tra un pezzo e l’altro. Il loro genere è un miscuglio festaiolo di metal, reggae, sperimentazioni inedite d’avanguardia che intersecano prog, funky e new metal… salgono on stage mascherati oppure vestiti in bilico tra il casual e il senza-senso. Danno spettacolo con il loro fare al limite tra il cabaret e il circense e fanno altrettanto sfoderando un lotto di canzoni che seguono dei tunnel dove non si sa mai cosa possa capitare. Da un momento all’altro può spuntare un sax, un coro melodico ai limiti del pop, micidiali e violente partiture metalliche oppure atmosfere allegre degne di raduni sulle assolate e calde spiagge della Giamaica. Si può parlare di evoluzione come anche di originalità… questi sono i bersagli a cui puntano i sei componenti (tutti provenienti da esperienze musicali differenti) con o senza il consenso degli altri. La band esprime la propria arte. Ammetto che personalmente non sono stati facili da digerire ma sicuramente sanno come attirare l’attenzione in un epoca dove vige la normalità, la staticità e la routine abbinate a tonnellate di musica copia-incolla. Show arduo ma altamente stimolante che sicuramente ha fatto guadagnare loro parecchi fan o curiosi come il sottoscritto!

a cura di Enzo Prenotto